giovedì 22 gennaio 2015

COMBATTERE IN ONE PIECE

One Piece è pur sempre uno shonen e, come tale, è strutturato in modo tale che i personaggi, per raggiungere il traguardo prefissato, debbano superare degli step obbligati, per aumentare il loro livello di potenza. La caratteristica pregnante di un manga di questo tipo è, senza dubbio, la presenza di numerosi combattimenti. Ogni nodo della trama, o almeno la maggior parte, si scioglie solo grazie ad uno scontro che porterà o meno i protagonisti a procedere nella storia. 

Detto così probabilmente è un po’ riduttivo, ma il pattern seguito dagli shonen è sostanzialmente lo stesso e anche i combattimenti, bene o male, seguono un’impostazione comune: inizio dello scontro, minacce varie ed eventuali,  il nostro personaggio si trova ad un passo dalla fine, power-up, vittoria.

Alla luce di queste caratteristiche comuni, però, i vari shonen possono distinguersi profondamente l’uno dall’altro. 
Sebbene One Piece segua questo pattern abbastanza fedelmente, ciò che lo distingue dai suoi simili è, a mio parere, l’interpretazione che Oda ha voluto dare al “combattimento”. 

Non si tratta solo di un affermare la superiorità di un personaggio rispetto ad un altro, ma comprende molti aspetti, primi tra tutti la determinazione. 
La componente psicologica è fondamentale. La voglia di vincere e la ragione per cui si sta combattendo sono una fonte inesauribile di forza. Si passa quindi da uno scontro sul piano fisico, ad uno scontro sul piano mentale, dove ciò che conta è l’integrità e la forza del proprio spirito. 
Dopotutto anche l’allenamento non viene inteso come mero esercizio fisico, ma come un processo che tempra il corpo e la mente, e ne abbiamo avuto ampia dimostrazione con il time-skip.

Comunque sia, più è importante l’ideale maggiore sarà la forza sprigionata ed è proprio la determinazione che consente di sbloccare un power-up e di attingere a tecniche con un potere notevolmente superiore.

Non per questo però viene data poca rilevanza alla forza fisica o alla tecnica, anzi. Lo vediamo, ad esempio, in personaggi come Zoro che, oltre a lavorare molto sulla propria mente, devono curare minuziosamente anche la pulizia dei movimenti e saper dosare la propria forza alla perfezione. In questo scenario riusciamo quindi a capire cosa significhi che “una buona spada taglia solo ciò che vuole il proprio padrone”.

Un’altra particolarità su cui voglio focalizzarmi è il “significato” che i personaggi danno al combattimento. A primo impatto viene da pensare che “combattere” sia una cosa vincolata ad un sentimento di “odio” o di “ripudio” nei confronti del proprio avversario. Beh, in One Piece (ma non solo), il combattimento svolge una funzione ben più importante. Due persone che si scontrano stanno condividendo la stessa battaglia, si muovono sullo stesso terreno, condividono il dolore e seguono un ideale…ciò accomuna e lega indissolubilmente i due lottatori che spesso diventano anche amici al termine dello scontro. E’ ciò che accade, ad esempio, tra Bellamy e Bartolomeo al termine del blocco B. Vi è quindi una completa rivisitazione del concetto di “scontro” che passa dall’essere una ragione di allontanamento ad un motivo di unione. 



Ovviamente questa non è una regola con validità generale, sono presenti anche casi in cui un personaggio si trova a combattere per rabbia o per punire una serie di atti malvagi (cosa che accade praticamente sempre in tutti gli scontri più importanti di Rufy). 

Dobbiamo anche precisare un’altra particolarità dell’interpretazione data da Oda. Perfino un nemico, per essere definito tale, merita rispetto e deve dare rispetto e ciò ricalca il tipico costume giapponese. Questo è un requisito fondamentale perché possa avvenire uno scontro. Lo vediamo in ben due occasioni: sia con Shanks al villaggio Foosha sia a Mock Town. Shanks si rifiuta di combattere contro Higuma ritenendo sciocco litigare per una bottiglia di sakè versata addosso. Ricalcando le orme del suo mentore anche Rufy, e di conseguenza Zoro, si rifiutano di combattere contro Bellamy al loro primo incontro. Da qui possiamo capire due cose. Innanzitutto il rispetto per il capitano: Zoro è pronto a lasciarsi ferire e sconfiggere per onorare la decisione di Rufy, ma non è tutto qui. Né Il Rosso né Cappello di Paglia hanno ritenuto di dover lottare con uomini che deridono gli ideali e i sogni altrui e non nutrono rispetto per il proprio avversario. In quest’ottica, incassare i colpi non è una sconfitta, ma la più grande vittoria e Rufy lo capirà solo crescendo… 




Voglio concludere portando nuovamente alla vostra attenzione il fattore, a mio parere, più importante. Un combattimento non è necessariamente uno scambio di colpi più o meno potenti, ma, essendo una lotta di determinazione, ogni tipo di scontro che contrappone una volontà ad un’altra è inteso come un combattimento, quindi anche personaggi che fuggono come Usopp o Nami non sono diversi dai combattenti che ricorrono alle più sofisticate tecniche di lotta, dal momento che non si tirerebbero mai indietro se fossero minati la libertà e gli ideali dei propri compagni.

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