La prima volta che incontriamo questo oggetto, prima ancora che cominci il flashback dei Falchi, viene definito da Gatsu come “la chiave per aprire la porta di un altro mondo”. E’ una definizione molto chiara e diretta, la migliore che si sarebbe potuta fornire. Il bejelit è un artefatto sovrumano, a metà tra un oggetto ed una creatura vivente, che consente di richiamare il male proveniente dal mondo demoniaco. Per la scelta del nome, Miura ha probabilmente preso spunto da “Berith”, il nome siriaco di Satana.
Come sappiamo, esistono due tipi di bejelit, un primo tipo più comune di colore verdognolo e un secondo tipo di colore rosso scarlatto. I primi esemplari sono quelli che consentono ad un semplice umano caduto in disperazione di diventare un Apostolo, pagando con il sacrificio della persona più cara. In tal modo si diviene adepti della Mano di Dio e si gode di poteri che consentono di superare quello che viene più volte definito “il limite umano”. E’ proprio dietro questa falsa illusione che gli uomini, disperati e vacillanti, chiedono l’aiuto del male perché gli sia concessa la forza di compiere la propria vendetta o di portare a termine il proprio sogno. L’umanità della persona viene così consumata per lasciare posto a odio, rancore e malvagità oltre l’immaginabile.
Il bejelit cremisi è invece un esemplare molto raro e ne entrano in possesso solo i “prescelti da Dio”, ovvero coloro che sono stati destinati a diventare i cinque Arcidemoni. Con buona probabilità, ognuno di loro era precedentemente un umano nel cui cuore, a causa di un qualche avvenimento distruttivo per il proprio ego, si è insidiato il male. Ed è anche lo stesso Cavaliere del Teschio a combattere la lotta contro la Mano di Dio da tempi immemori. Lui probabilmente ha rinunciato al sacrificio dei propri uomini ed è per questo che viene deriso durante l’Eclissi che porta all’ascesa di Grifis. Uno degli obiettivi del Cavaliere è quello di sfruttare i bejelit per costruire la propria arma. Ciò gli consente di sferrare fendenti capaci di attraversare i piani e raggiungere gli strati più interni del mondo. E’proprio questo l’enorme potere del bejelit, consentire il collegamento tra i mondi e, dunque, tendere verso il caos più totale.
Il fato e la predestinazione sono argomenti centrali nella storia di Miura. Non sono le persone, ma è Dio a scegliere. Riscontro di ciò lo abbiamo vedendo che il bejelit non abbandona mai il proprio possessore e, qualora ciò avvenisse, l’artefatto prima o poi ritorna nelle mani di colui che è stato scelto da Dio. A questa forte componente fatalista si aggiunge però l’importanza del libero arbitrio. Questo ultimo aspetto è, a mio parere, molto sottovalutato dai 5 della Mano di Dio. Cosa che possiamo vedere durante l’Eclissi. Il loro modo di agire e di parlare sottintende una grande sicurezza che gli avvenimenti seguiranno un certo corso, così come Dio ha voluto.
Questa è la spavalderia dei cinque potentissimi Arcidemoni, ma Miura ha più volte sottolineato che è l’uomo a decidere il proprio destino e quello delle persone care. Credo che questo aspetto sia eccessivamente sottovalutato dai cinque. A conferma di ciò abbiamo la contrapposizione del sacrificio di Grifis e di quello del Conte. Grifis offre a Dio l’intera Squadra dei Falchi, calpestando un sentiero di cadaveri che l’avrebbe portato al raggiungimento del tanto agognato castello. Il Conte, invece, è ancora animato da un enorme amore nei confronti della figlia e preferisce finire all’inferno piuttosto che offrirla in sacrificio.
Mi permetto un’illazione a questo punto. Credo che per ogni uomo a cui viene donato un bejelit venga anche donata una chance. Questa chance è incarnata dalla persona più amata. Per il Conte si è trattato di Teresia, per Grifis si trattava di Gatsu. Nel momento in cui è venuto a mancare Gatsu, unico baluardo che avrebbe mantenuto integro il senno di Grifis, la strada ormai era stata spianata.
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